Prevenire le morti da overdose di eroina con Google

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 13 aprile 2019.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO]

 

Ogni giorno muoiono negli USA 115 persone per overdose di oppioidi (US Centers for Disease Control and Prevention), ma l’esatta stima per numero e località di tali decessi avviene con grande ritardo, rendendo oltremodo difficile l’attuazione di piani territoriali di prevenzione. Rod McCullom, riferendo di uno studio recente condotto da Sean D. Young dell’Institute for Prediction Technology dell’Università della California (UCIPT), propone un dato impressionante: le morti da oppioidi tra il 1999 e il 2015 sono state sottostimate di 70.000 unità[1]. Se a tale scarto si aggiunge la difficoltà di localizzazione delle persone dipendenti o suscettibili di entrare nella dimensione patologica dell’uso di sostanze psicotrope, si comprende come i programmi delle autorità sanitarie per la riduzione del rischio rimangano generiche interpretazioni di principi e non misure aderenti alle specifiche realtà spazio-temporali. Se poi si tiene conto del fatto che l’esatta stima dei decessi per territorio costituisce anche il criterio principale per l’esame di verifica della validità delle misure adottate, si comprende l’importanza e l’urgenza di porvi rimedio.

Per comprendere la necessità, avvertita presso l’UCIPT di percorrere nuove vie per ottenere dati diretti e affidabili, si deve anche tener conto di una generale riduzione di attenzione per la tossicodipendenza da diacetil-morfina (eroina) ed altri composti oppioidi, dovuta a numerose cause, due delle quali sono state oggetto di discussione relativamente recente in seno alla nostra società scientifica. La prima, che riguarda soprattutto i presidi di diagnosi e cura, consiste nella riduzione del numero di persone affette da condizionamento al consumo della sola eroina, con un incremento dei poli-dipendenti. La seconda, che attiene particolarmente all’influenza sulla cultura dei responsabili della formazione universitaria dei medici, riguarda la standardizzazione di modelli basati sull’assunzione di cocaina per la ricerca su neurobiologia e neuropatologia da sostanze psicotrope (drug addiction).

Recentemente, è emerso che le ricerche effettuate su internet possono costituire una fonte di dati per la ricostruzione di informazioni che consentano di individuare persone a rischio di overdose e localizzarle per zone, città e perfino quartiere di residenza. Su questa base, Sean D. Young e colleghi hanno ipotizzato che una parte delle persone che fanno ricerche sull’eroina ed altri oppioidi possa essere a rischio di andare incontro, in un futuro prossimo, ad assunzione di dosi tossiche e potenzialmente mortali. Il team di ricerca ha elaborato vari modelli statistici per la previsione di casi di overdose utilizzando parole-chiave correlate ai derivati della morfina, disuguaglianze metropolitane nello stipendio e numero totale di visite al pronto soccorso.

Le correlazioni trovate dai ricercatori UCIPT sono di sicuro interesse. Ad esempio, hanno rilevato differenze locali su come e dove gli utenti di “Google” cercavano informazioni sulle sostanze di abuso e hanno trovato che il maggior numero di casi di overdose era strettamente associato ad un numero più elevato di ricerche per parole-chiave, secondo un profilo caratteristico per ciascuna di 9 aree urbane degli USA: Boston, Chicago, Denver, Detroit, Minneapolis, New York, Phoenix, San Francisco, Seattle.

Per elaborare i modelli, gli autori dello studio hanno impiegato dati di ricerca per 12 oppioidi, in parte farmaci prescrivibili e in parte sostanze di uso illegale, ottenuti dalle aree urbane menzionate in un periodo di tempo compreso tra il 2005 e il 2011, e li hanno paragonati a quelli delle registrazioni di ammissione, nello stesso periodo, ai servizi di emergenza per problemi connessi all’eroina, in possesso della Substance Abuse and Mental Health Services Administration.

I termini “China White”, “Methadone” e “Avinza” sono risultati i migliori previsori di visite di urgenza dovute all’eroina. Il modello che si è rivelato più efficiente era in grado di spiegare il 72% di relazione tra i termini di ricerca più adoperati e le visite in pronto soccorso. Il report di questo lavoro, apparso sul fascicolo di settembre 2018 di Drug and Alcohol Dependence, ha documentato il primo utilizzo di “Google” in questa chiave. Rod McCullom riporta che Young ha osservato, circa i modelli realizzati dal suo gruppo, che possono essere modificati e adattati per la previsione dei rischi legati ad altre sostanze oppioidi d’abuso e per restringere le ricerche ad aree postali circoscritte della città, e di specifico interesse per il consumo di droghe. Tali mezzi potrebbero consentire l’individuazione precoce di addensamenti di casi suscettibili di overdose e la definizione delle aree topografiche in cui distribuire il Naloxone.

Un limite evidente di questo approccio è relativo all’uso stesso di “Google”: non tutti coloro che cercano sostanze psicotrope fanno ricorso al motore di ricerca per avere informazioni e una parte di tossicodipendenti non lo impiegherebbe per motivi di prudenza. Un altro problema, non secondario, riguarda l’incapacità dei modelli di risolvere l’ambiguità del gergo e dell’uso di sinonimi di intesa: un tipo di eroina di largo uso, nella maggior parte delle città statunitensi studiate, è detto “zucchero di canna” (brown sugar) e non vi è modo di distinguere le richieste di informazioni sullo zucchero vero.

In conclusione, nonostante i limiti e in attesa di sviluppare metodi migliori, questo approccio può fornire un contributo all’informazione sociale finalizzata alla prevenzione secondaria.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-13 aprile 2019

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] McCullom R., Googling Heroin. Scientific American 320 (1): 13, 2019.